Prima di seguire le tappe biografiche, vediamo qui di seguito l’importanza di Clementi e gli influssi che ebbe la sua musica sui contemporanei. Il compositore fu in rapporto con tutti i più famosi musicisti. Quando Haydn cominciava ad aver successo in Inghilterra, Clementi era uno dei maggiori sinfonisti. Con Beethoven ci furono contatti editoriali. Anche dopo che lo conobbe continuò a comporre Sinfonie. Se non ebbero lo stesso successo postumo, non fu dovuto a ragioni musicali. I gusti dei borghesi che scimmiottavano i nobili erano regolati da pochi personaggi. Le figure dei geni erano costruite a tavolino. Una percentuale esigua di nobili controllava il mercato musicale (una ventina di persone ad esempio in tutta Vienna) e metteva a disposizione dei propri campioni orchestre e fondi. Clementi non subì che influenze piuttosto esigue da Beethoven, il quale cominciò ad essere famoso quando Clementi era arcinoto e aveva già superato la mezza età.

“Non esiste alcuna prova che egli dovesse qualcosa a Beethoven nella sua ultima musica per pianoforte”.
(Plantinga, 1977, 305)

Le Sonate più avanzate e le Sinfonie erano già in lavorazione quando Beethoven cominciò a calcare la scena viennese, e a quel tempo lo stile di Clementi era già inconfondibilmente formato.
Non è tanto importante la questione dell’influenza dei compositori viennesi sulla musica di Clementi, quanto il contrario. Mozart, dopo averlo insultato (definendolo “ciarlattano come tutti gli italiani”), oltre a plagiarne la musica (ad esempio la Sonata Op.24 n.2), ne imitò le ottave spezzate nei Concerti K.466, K.488 ecc.
Clementi era la più grande celebrità pianistica di quel tempo.

“I Movimenti lenti del Trio con pianoforte in mib maggiore di Mozart K.502 (1786) adoperano i medesimi materiali della Sonata op.9 n.1 di Clementi (1783)”.
PLANTINGA (1977, 306)

K.502

op.9 n.1

Il Motivo iniziale del primo Movimento del K.502 si ritrova nel medesimo Adagio della Sonata Op.9 n.1 di Clementi (il movimento per terze in fondo primo rigo qui sotto con il cromatismo mib-mi♮, poi le seste del rigo successivo). Mozart non ha dovuto neppure modulare, perché la sezione è già in sib maggiore.

K.502

op.9 n.1

Non è solo Mozart a dover molto a Clementi. John Shedlock pubblicò un libro sulle Sonate nel 1895, definendo Clementi precursore di Beethoven. Poiché Clementi visse nella medesima epoca del bonnense è semmai da considerare Beethoven un eccellente imitatore. Non c’è ragione di chiamare un’età che è di Clementi, e di altri musicisti, cechi, slavi, francesi ecc., “l’età di Beethoven” (titolo infelice di un libro di storia della musica della Feltrinelli). Così facendo si stravolge il senso degli influssi.
Il volume sulla Sonata di Shedlock ha il merito d’essersi occupato di Clementi evidenziando le somiglianze stilistiche tra Clementi e Beethoven, “in un periodo in cui era di moda dichiarare che solo Haydn e Mozart avevano avuto qualcosa da insegnare a Beethoven”. PLANTINGA (1977, 307).

Tenendo conto che il contributo di Andrea Luchesi, come insegnante di Beethoven è stato sminuito per interessi politici (essendo italiano), e che ad esempio le Sinfonie di Anton Eberl (1765-1807) erano a volte preferite a quelle di Beethoven (quella in mi bemolle fu eseguita insieme all’Eroica di Beethoven il 7 aprile 1805 e piacque meritatamente di più), o che le Sonate di Václav Jan Dusík (1760-1812) erano più all’avanguardia delle sue (altrettanto belle, o forse di più), anche il fatto dell’oblio di Clementi rientra nella sciagurata moda musicologica d’inventarsi dei miti per ragioni un tempo soprattutto nazionalistiche, oggi più che altro commerciali.