Niels Martin Jensen, studioso della musica corelliana, nella Performance of Corelli’s chamber music reconsidered, Firenze 1980, contesta l’uso del basso continuo nelle sonate da camera e esamina le raccolte di altri autori che utilmente possono essere confrontate a quelle di Corelli: Per le opere a stampa di Giovanni Battista Vitali ho trovato delle raccolte che corrispondono alle opere II, IV e V di Corelli per le parti strumentali coinvolte. … L’opera VII, Varie partite …a due violini e violone o spinetta è stata pubblicata nel 1682 quando Vitali lavorava a Modena e in un manoscritto della biblioteca estense la parte del basso è intitolata solamente violone. … Dalle collezioni per danza in quattro, cinque e sei parti si può vedere la sua predilezione per un insieme d’archi senza il supporto del basso continuo. Jensen esamina l’opera XI di Vitali, scritta nel 1684 che contiene varie sonate per sei strumenti. Nei sei libretti separati la parte del basso reca la scritta “spinetta o violone”, ma la nota al lettore dice che questi pezzi possono essere eseguiti a due parti: “Quest’opera ancorché composta a sei strumenti, si può sonare con il primo violino solo, e violone”.

Nella Biblioteca Estense il Jensen ha trovato una versione a tre parti dell’opera XII di Vitali per due violini e violone e infine l’ultima raccolta di Vitali, pubblicata postuma nel 1692, scritta “per due violini e violone” non ha indicazione che faccia pensare alla realizzazione del basso. Ciò che ha creato maggior disagio e confusione tra gli studiosi della musica barocca italiana è l’indicazione “violone o spinetta”, oppure “violone o cimbalo”, che s’incontra molto spesso nelle edizioni a stampa e nei manoscritti. L’opera IV di Bononcini del 1671 ha la stessa strumentazione dell’opera V di Corelli e il basso è indicato: “a violino e violone ovver spinetta”. Nella parte separata del basso c’è la seguente indicazione: “Si deve avvertire, che farà miglior effetto il violone, che la spinetta per essere i bassi più propri dell’uno che dell’altra”. Questa ed altre considerazioni provano che in Italia si preferiva eseguire le musiche da camera con il solo violoncello senza gli accordi.

Anche se talora s’incontra la specificazione “violoncello e cimbalo”, questo non significa necessa­riamente che il basso continuo debba essere realizzato con due esecutori. Può succedere che nelle edizioni il titolo sia “Organo o violoncello” e nelle parti sia scritto “Organo e violoncello”, come ad esempio nelle raccolte di sonate per due violini e basso opera prima di Antonio Vivaldi. Vivaldi nel 1709 aveva fatto pubblicare la sua Opera seconda dall’editore Bortoli in due versioni: Sonate a violino e basso per il cembalo e Sonate a violino e basso per il violoncello. Si esclude quindi la possibilità di eseguirle con tre strumenti. John Walsh ristampa a Londra l’Opera II e la intitola: XIISolos for a violin with a thorough bass for the harpsicord or bass violin.

Queste considerazioni dimostrerebbero la coincidenza dei titoli “violino o/e violone” e la possibilità di suonare le musiche da camera in due modi distinti. La realizzazione degli accordi sopra il basso continuo, eseguita dallo strumento a tastiera, può essere tranquillamente omessa: alcuni la eseguono “per più grande ornamento dell’Armonia”, come ha affermato Georg Muffat, allievo di Corelli, o addirittura la aggiungono “se piace” (Biagio Marini e Antonio Vivaldi) oppure “per cerimonia” (Giuseppe Tartini). La Sonata a tre con gli strumenti concertanti possiede già l’indipendenza delle parti e in Italia esclude l’uso del basso continuo. Il genere domina fino al 1750 e si avvicina gradualmente allo stile galante. I trii senza continuo sono indicati nelle pubblicazioni dal titolo ambiguo “per due violini e basso”, ove per “basso” si intende in primo luogo il violoncello e in secondo ordine lo strumento a tastiera. Gli editori, per ragioni pratiche, offrivano ai dilettanti la possibilità di suonare con la tastiera e stampavano la musica col basso numerato, anche se non era espressamen­te richiesto. Al contrario le parti staccate per cembalo spesso non avevano i numeri, perché le armonie erano improv­visate estemporaneamente.

Dal 1770 L.Boccherini compone molti trii per violino, viola e violoncello, affidando alla parte grave passaggi difficili e a carattere concertistico tali da escludere qualsiasi accompagnamento. Il quartetto è una Sonata a quattro con due violini, viola e violoncello. Francesco Todeschini nel 1650 fa stampare a Venezia le Correnti, Gagliarde, Balletti et Arie “da sonar con quattro viole, due violini, viola e basso”. Anche Alessandro Scarlatti (1660, 1725) scrive dei quartetti ed alcuni hanno l’indicazione esplicita “senza cembalo”. La precisazione non indica che queste opere siano un caso a parte nella letteratu­ra musicale contemporanea, come dimostra l’opera del Todeschini e di molti compositori, ma sottolinea la preferenza accordata dall’autore ai soli archi. In tali quartetti, come nelle precedenti sonate, le parti sono trattate in modo egualitario, nonostante la preminenza del primo violino. L’accompagnamento è possibile, ma superfluo. Questi brani “senza continuo” per la differenza di gusto tra Italia e Inghilterra sono stampati a Londra nel 1740 con il basso numerato. La distanza che separa la prassi musicale tedesca, francese, inglese da quella italiana toglie ogni valore agli esempi addotti per dimostrare la pratica obbliga­toria e non opzionale del basso continuo.

Le Sonate a violino solo e violoncello col cimbalo di G.A.Piani pubblicate a Parigi nel 1712 richiedono tre suonatori: violino, violoncello e clavicembalo e le Sonate di Porpora, edite nel 1754 a Vienna, secondo la dedica debbono essere eseguite da violino, violoncello e clavicembalo. Il raddoppio della linea del continuo è probabilmente caratteristico del luogo ove sono pubblicate le musiche e non deve essere riferito all’ambiente culturale italiano. Questi motivi valgono anche per le composizioni profane strumentali di organico maggiore: a cinque e più parti. Gli strumentisti che Burney incontra nelle città d’Italia spesso non usano il basso continuo; i musici che vede a Brescia di ritorno dalla Russia hanno un’orchestra formata da due violini, un mandolino, un corno, una tromba e un violoncello. A Venezia, sopra una chiatta in Canal Grande, egli ascolta una orchestra di violini, flauti, corni, contrabbassi, un timpano e un tenore: “si trattava di una manifestazione di galanteria a spese di un innamorato che offriva una serenata alla sua bella”. I concerti grossi sono eseguiti nel modo della Sonata a tre.

Georg Muffat nell’Armonico Tributo dà istruzioni dettagliate per la loro realizzazione pratica, dicendo che “possono essere eseguiti con tre soli strumenti, per esempio due violini e un violoncello o una viola da gamba per il continuo,… oppure da quattro o cinque strumenti… Nei quali, avendo più gran numero di Musici” potranno essere aggiunti “ancora il violino primo e secondo come anche il violone o cembalo” raddoppiando le parti scritte. Nelle occasioni celebrative ed encomiastiche l’organico strumentale era molto ampliato. A. Vivaldi indica raramente i bassi numerati nelle sue composizioni, ma ciò non significa che il basso continuo sia assente. In un concerto manoscritto le cifre sul basso, che suggeriscono stenograficamente gli accordi da realizzare al clavicembalo, compaiono solo nelle ultime cinque battute del finale. In effetti, i musicisti preparati non hanno bisogno dei numeri sopra il basso per sapere cosa suonare.

Queste considerazioni però non dimostrano l’obbligatorietà del continuo, perché è altrettanto vero che in numerosi autografi vivaldiani ci sono le indicazioni “senza cembalo”, “senza organi o cembali” e “senza cembali sempre”, non solo per motivi di timbro, ma per una comune prassi esecutiva, ad esempio nel terzo tempo del Concerto La Notte. La linea del basso nei concerti di Vivaldi a volte si sposta più in alto del registro consueto ed è suonato dalla viola. Walter Kolneder ha esaminato il materiale d’orchestra usato da Vivaldi nel Concerto in mi minore per violino RV126. “E’ evidente che lo strumento a tastiera si fermava quando il basso era trasportato all’ottava alta … Circa la metà della musica vivaldiana va eseguita senza strumenti di ripieno armonico.

Per Vivaldi il cembalo diviene superfluo … e in alcuni tratti lo disturbava per motivi timbrici”. Se in buona parte della musica strumentale di Vivaldi la realizzazione del basso continuo è sconsigliata, per le altre composizioni è possibile aggiungerla, se è richiesta, ma in genere è meglio levarla, come ad esempio nelle 12 Sonate a tre dell’opera prima con “due violini, violone o cembalo”. Gli accordi dell’accompagna­mento coprirebbero i temi musicali e i motivi che si rincorrono in stretta imitazione, vedi l’allemanda della sonata 3 o la giga della sonata 2.

I trattati musicali italiani sul basso continuo sono irrilevanti per conoscere la prassi della musica strumentale da camera, perché riguardano principalmente quella vocale. Nella prefazione alle Nuove musiche (1602) Giulio Caccini parla della monodia accompagnata, della nascita del nuovo stile e della tecnica vocale. Nel trattato di Agostino Agazzari Del sonaresopra il basso con tutti stromenti et uso loro nel conserto (1607) si distinguono gli strumenti fondamentali e ornamentali per accompagnare la musica vocale ove “le consonanze e tutta l’armonia sono soggette e sottoposte alle parole, e non per il contrario” e c’è un esplicito riferimento a Palestrina e quindi alla musica sacra. Così Francesco Gasparini nell’Armonico prattico al cimbalo (1729) solo di sfuggita ricorda Arcangelo Corelli e le composizioni da chiesa. Dalle mie osservazioni risulta che in Italia la musica profana da camera nel XVII e XVIII secolo non dovrebbe essere accompagnata da uno strumento armonico, perché si preferiva lo strumento ad arco a quello a tastiera. In ogni caso la parte bassa non era realizzata insieme dai due strumenti (violoncello e cembalo). Ciò distingue la musica italiana da quella degli altri paesi europei e gli esempi per la prima non valgono per l’altra.