I luoghi comuni del Basso Continuo

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#Partimenti

La sonata da camera a tre è un genere musicale caratteristico già da metà Seicento. Secondo Manfred Bukofzer è realizzata da quattro strumenti: due per le parti acute, uno per quella grave e un altro che realizza gli accordi. Comunemente si ritiene infatti che le sonate strumentali senza basso continuo siano una eccezione e debbano essere giustificate dai frontespizi o dalle prefazioni dei compositori. Evidentemente Bukofzer non teneva conto dei #Partimenti, probabilmente li avrà confusi con il basso continuo.

La sonata da camera a tre deriva dalla musica per danza a tre voci, molto libera: due parti soprane e un basso. Giovanni Battista Buonamente nel 1626 fa stampare il Quarto libro de varie sonate, sinfonie, gagliarde, correnti e brandi per sonar con due violini e un basso di viola. Nel 1629 il Settimo libro di sonate è … a tre, due violini, et basso di viola o da brazzo. L’armonia è sufficiente perché le tre voci realizzano armonie perfettamente adeguate, efficaci.

E il clavicembalo non  c’è

Dovremmo paragonare queste musiche strumentali a tre alle composizioni per strumenti a tastiera a tre parti che certo non sono accompagnate dal basso continuo e tuttavia hanno la stessa tessitura. Il compositore richiedeva un’armonia semplice, non arricchita dall’accompagnamento, ma piuttosto dall’ornamentazione estemporanea delle parti.

Martino Pesenti nella prefazione al Primo libro delle correnti alla francese per sonar nel clavicembalo et altri stromenti (1630) dice che l’effetto delle dissonanze nella voce acuta è migliore se non è accompagnato dalle parti interne, preferendo addirittura un’armonia ridotta: “Non vi apporterà meraviglia ritrovare in alcune di queste mie correnti, none, settime, trìtoni, semiquinte e simili dissonanze poiché non accompagnando le parti di mezzo e sonandole a battuta presta rendono vaghezza et effetto contrario alla natura loro”.

Per questo le composizioni di danze a tre devono essere eseguite dagli strumenti indicati nei frontespizi e quindi non hanno la realizzazione del basso. Questo contrad­dice il luogo comune che la musica strumentale del Barocco (sino al 1680) poi dell’Arcadia, dell’Età dei lumi e del  neoclassicismo italiano abbia sempre incluso il basso continuo, anche quando non è specificato nelle stampe o sulle parti staccate. Allo stesso modo Giovanni Legrenzi vuole che le sonate a due apparse a Venezia nel 1655 siano realizzate da “violino e violone o fagotto”, senza uno strumento polifonico.

Luca Bianchini

Per approfondimenti, vedi Luca Bianchini, Anna Trombetta, Mozart la caduta degli dei parte seconda (2017) e Mozart la caduta degli dei parte prima (2016)

novità editoriale

Luca Bianchini, Anna Trombetta, Mozart il flauto magico, (2018)

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